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Title: Il pensiero politico di Dante nella Divina Commedia
Authors: Farrugia, George (1984)
Keywords: Dante Alighieri, 1265-1321. Divina commedia -- Criticism and interpretation
Church and state -- Italy -- To 1500
Italy -- Politics and government
Dante Alighieri, 1265-1321 -- Political and social views
Issue Date: 1984
Citation: Farrugia, G. (1984). Il pensiero politico di Dante nella Divina Commedia (Diploma long essay).
Abstract: Poco è conosciuto con certezza sulla vita oggettiva di Dante Alighieri, ma, fortunatamente, conosciamo molto sulla sua Firenze trecentesca, e sulla più empia scena europea dove egli ha effettuato suo contributo nel conflitto politico-religioso del suo tempo. Ho tentato di dire abbastanza sull'ambiente storico per poter osservare meglio suo comportamento: la situazione politica italiana e fiorentina, sua partecipazione nella vita politica, suo esilio e l'unirsi alla causa sconfitta dell'imperatore Enrico VII. Le opere di questo poeta illustre emergono chiaramente della sua esperienza di innamorato o di politico, o di esploratore studioso della sua lunga tradizione. In tutte le opere egli tenta di misurare il significato dalla sua esperienza, e di assumere tutta la responsabilità per quello che è o pensa che è in quel momento; per quello che fa, e per quello che scrive. La storia della personalità spirituale di Dante si propone in maggior parte nella spiegazione morale che si realizza in esso per mezzo di dolori sofferti e delle disillusioni della sua vita. Conseguentemente suo pensiero politico si inserisce in questo processo, e ne sorge il concetto che il fine terrestre della politica e legato al fine celeste della religione. Sue teorie politiche sono sottolineati sulla pratica della filosofia dando primo posto, fra le suddivisione, all'etica. Gustavo Vinay nell'introduzione alla sua edizione della 'Monarchia' osserva che per Dante, "la politica è un momento della sua meditazione sulla vita, la providenza, l'uomo". Questo significa che "la domanda che lo segue e lo tormenta non e se e come si debbano modificare le costruzioni e i governi, ma che senso abbia il nostro peregrinare quaggiu, quale sia il fulcro intorno al quale raccogliere le disperse energie della nostra umanita in cerca di luce". Certamente Dante si approfondisce piu dei suoi predicessori nel distruggere l'ideale antico di una communità Cristiana unita controllata, in tutti e due le parti, da una tradizione gia rivelata di pensiero e azione. Invece egli prova di sostituire un dualismo ben accurato e completo, in cui Chiesa e Stato sono del tutto indipendenti, anche se necessariamente cooperativi. Non c'e questione di Stato laico, perchè la fine dello Stato è soggetto quanto la Chiesa alla provvidenza divina. C'è anche da dire a proposito del professore d'Entreveres che Dante vede l'impero in una maniera Agostiniana come freni del peccato che ha interpretato male la buona comunità politica. Questa porterà Dante più vicino alla posizione del Medioevo ma non affettua il fatto che suo pensiero politco fondamentale non è più il Cristianesimo ma la parola 'Stato'. Il fondamento essenziale dello Stato porta alla conclusione che la fede Cristiana non era indispensabile allo State. Dante stesso affaccia questa difficoltà nella sua teoria a meno che, come d'Entreveres dice, la 'Divina Commedia' delinea il rifiuto della dottrina di ambedue le parti. Il laicismo politico che s'intravede nelle opere di Dante, "non è ne ateo ne anticristiano; anzi è perverso di profonda religiosità e sorretto da incrollabile fede''. Così l'insegnamento di Dante nel contesto delle polemiche ideologiche in atto nei suoi tempi e quello di un filosofo con le più caratteristiche tendenze del medioevo, pronto ad esaminare le cause e le conseguenze dell'abbassamento morale e politico della società.
Description: DIP. ITALIAN
URI: https://www.um.edu.mt/library/oar/handle/123456789/98102
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Dissertations - FacArtIta - 1969-2010

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